Non possiamo che rallegrarci della approvazione da parte della Giunta municipale dello studio di fattibilità sulla nuova scuola alla Fogliaia. È il primo passo di un lungo iter che - fra gara per la progettazione, progettazione definitiva ed esecutiva, gara d’appalto ed esecuzione dei lavori - forse, se tutto va bene, porterà fra 4 anni all’inaugurazione della nuova scuola.

E questo la dice lunga sul ritardo accumulato a Calenzano in tema di edilizia scolastica.

Nell’intervista rilasciata dall’Assessore Maggi, vengono molto enfatizzati i criteri adottati per la progettazione, eseguita anche con il supporto di Indire, che delineano una nuova idea di scuola ed una concezione degli spazi più idonei a percorsi formativi in evoluzione, che rivoluzionano la anacronistica visione di “lezione frontale” e la rigida organizzazione di ambienti e arredi che ha sempre comportato. D’altronde, evidentemente, non potevano non essere rispettate le attuali direttive ministeriali per la progettazione di nuovi edifici scolastici.

Quindi che dire? Bene: da tempo auspichiamo una scuola al passo coi tempi, supportata da una architettura democratica capace di ospitare e stimolare le competenze individuali e promuovere l’inclusione, visione chiaramente espressa nel nostro programma elettorale.

Siamo quindi andati a vedere il progetto approvato e apprendiamo che la nuova scuola ospiterà 9 classi. Viene subito da domandarsi: perché proprio nove? Per una scuola elementare sarebbe ragionevole prevederne 10, cioè 5 + 5. Vuol dire che un bambino farà in quella scuola dalla prima alla quarta elementare e poi la quinta, magari, alla Don Milani o all’Anna Frank a Settimello. Ma che senso logico ha tale scelta? Nessun senso… è solo che, in quel posto lì, più di nove classi proprio non ci stanno.

Lo si capisce perché nel progetto tutti i parametri di legge ed urbanistici, sia di area a verde che di parcheggio, sono appena precisi per rispettare gli standard minimi per 9 classi e 225 alunni. Non sono previsti nemmeno loggiati o porticati, cioè quegli spazi coperti ma all’aperto che oggi vengono molto rivalutati per una didattica in sicurezza in tempi di covid, perché verrebbe alterato il rapporto di copertura rispetto alla superficie scolastica disponibile.

Arrivano ora al pettine i nodi di una pianificazione urbanistica miope e subalterna, perpetrata negli ultimi anni, che ha anteposto le esigenze del privato alla città pubblica, per dirla con parole oggi molto in voga nell’elaborazione urbanistica di questa Amministrazione.

Laddove era prevista un’area per Attrezzature Pubbliche ben più grande, si è pensato bene nell’ultimo Regolamento Urbanistico di utilizzarne una rilevante porzione, fra l’altro quella più pregiata che affaccia sulla via Mazzini e su piazza Mameli, per costruirvi altre case.

Uno spazio appetibile per una golosa speculazione privata che ha incontrato la bonaria accondiscendenza del soggetto pubblico nella predisposizione, in quel luogo, di una comoda “pista di atterraggio” dei crediti edilizi provenienti dalla demolizione di strutture fatiscenti sparse per il territorio rurale.

Fatto sta che una discutibile operazione urbanistica ha compromesso quello spazio di città vocato per i servizi educativi per la comunità, riducendolo ad un ritaglio di terreno intercluso. Insomma un buco appena sufficiente ad incastonare il volume costruito, che non consente nemmeno di completare due sezioni di scuola primaria; costretto tra le abitazioni private e le due scuole esistenti il nuovo insediamento resta senza respiro, e ne toglie a quest’ultime.

Il fatto vanifica le buone intenzioni di realizzare una scuola all’avanguardia, compromettendone la funzionalità per mancanza di adeguati spazi esterni, ridotti a fascia verde di rispetto, e non certo funzionali quali spazi aperti per la didattica e la ricreazione.

Il dubbio genera qualche interrogativo: a frittata ormai fatta non sarebbe stato opportuno, per la nuova Amministrazione, una volta verificati i parametri territoriali insufficienti, farsi coraggio e valutare la fattibilità di un'altra collocazione di dimensione adeguate ad ospitare una scuola intera, e non soltanto un pezzo?

E poi: non si ritiene che anche da questa vicenda dovremmo trarre qualche insegnamento per la pianificazione urbanistica futura? Non sarebbe forse il caso di ripensare a questa forsennata corsa dell’attuale Amministrazione verso la saturazione, con nuove costruzioni e atterraggio crediti edilizi, di ogni spazio libero nel territorio urbanizzato, pregiudicando qualsiasi possibile scelta alle generazioni future?

-Gruppo di lavoro "Politiche sociali e Scuola" di Sinistra per Calenzano