In occasione della Giornata Internazionale della Donna di quest'anno, segnata dalla tragedia della guerra in Ucraina, condividiamo il pensiero e le parole di Silvia Avallone.
Buon Otto Marzo a tutte le donne: contro tutte le violenze e le discriminazioni, sempre.

Le donne raramente hanno potuto scegliere. Nei manuali di storia del liceo chi ha deciso, comandato, depredato e manovrato armi è stato, in schiacciante maggioranza, uomo. Maschili i nomi rimasti, i monumenti dedicati. La memoria delle donne violentate, uccise, spartite, e dei loro figli si è spesso persa nello spazio bianco tra le righe. La Storia l’hanno fatta sempre sgobbando nelle retrovie, nelle fabbriche, nelle case, nei lazzaretti, nelle infermerie da campo, senza medaglie. È stato chiesto a noi di occuparci dei corpi e delle storie degli altri, di riparare i danni, di crescere i bambini, di accompagnare gli anziani, di curare i feriti, di portare il lutto, di stare sul crinale tra la vita e la morte e suturare in silenzio. Però il mondo ha bisogno di noi, come noi abbiamo bisogno del mondo. E di non subirla, la Storia, di non guardarla da lontano. Ma di cambiarla a partire dalla memoria del dolore, dalla memoria della solidarietà, dalla logica del mettere al mondo anziché del togliere.

Questo 8 marzo 2022 voglio dedicarlo alle donne ucraine che lottano, resistono, fuggono, muoiono, partoriscono, aiutano; alle donne russe che, come Yelena Osipova a ottant’anni, scendono in piazza con il loro cartello per chiedere la pace; a tutte le donne del pianeta che dimostrano, con le parole e le azioni, che non deve per forza vigere la legge del potere, dei soldi, della conquista, del sopruso: la logica della morte. C’è anche quella della nascita, della generazione. È trasversale a qualsiasi genere, nazionalità, sesso, religione, etnia. Coincide con il desiderio di realizzare se stessi insieme agli altri, di rispecchiare la propria identità nell’alterità. Consiste nell’aiutare, allungare una mano, un pacco di vestiti o medicinali; nell’ascoltare; nell’accogliere perché la mia storia è la tua. E, su queste basi, costruire un nuovo linguaggio, una nuova economia, una nuova convivenza con gli altri e con il pianeta.

Il male, se non si elimina, si sorveglia. Con cosa? Con la cultura. Con la continua manutenzione e ricerca della libertà, della pace, della parità, dei diritti umani: un orizzonte che vada oltre se stessi. Il male si supera con l’esempio concreto delle persone: le tante, tantissime persone comuni, donne, bambini, anziani, fragili, poveri, emarginati, che non hanno uno straccio di potere, ma hanno la forza di salvare. «La vita è un paradiso» scrive Fëdor Dostoevskij ne I fratelli Karamazov, «e noi tutti siamo in paradiso, ma non vogliamo capirlo; e invece, se volessimo capirlo, domani stesso il mondo intero diventerebbe un paradiso».

Silvia Avallone
Intervento completo disponibile sul sito del Corriere della Sera