È un articolo di soli pochi giorni fa, quello de La Repubblica che illustra la triste stima secondo cui ogni anno in media un automobilista fiorentino trascorre 56 ore, due giorni e mezzo, chiuso in macchina, bloccato nel traffico.

Se si tiene conto che - secondo uno studio condotto da Legambiente nel 2019 - nelle città italiane la lunghezza dello spostamento medio giornaliero è 4,2 chilometri, che il 27% degli spostamenti è minore a 2 chilometri e che quasi il 50% degli spostamenti quotidiani delle persone è compreso tra i 2 e i 10 chilometri, realizziamo come, con una corretta gestione del trasporto pubblico ed una maggiore cultura ciclabile, potremmo effettivamente marginalizzare l’utilizzo del veicolo privato solo per casi e tratte specifiche.

Consci di questa consapevolezza, ci dobbiamo dunque interfacciare col seguente quesito: quali strumenti possono essere utilizzati per far sì che una rivoluzione a favore di forme di mobilità - chiamate impropriamente alternative - diventi realtà? È proprio in questo frangente che un’educazione alla mobilità urbana ricopre un ruolo centrale, ed è un tassello imprescindibile per pensare e sognare le città del futuro.

Il progetto Piedibus è un esempio cardine di strumento volto a questo fine. Questa sorta di scuolabus camminante, con vere e proprie fermate, conducenti, segnaletica e piccoli passeggeri, è stato inventato ed introdotto nel 1992 in Australia dall’urbanista ed ambientalista David Engwich. Il fatto che siano i piedi a muovere questo magico autobus contribuisce in questo caso ad umanizzare quelle distanze che spesso sarebbero percorse in auto, da genitori che subito dopo aver accompagnato i bambini a scuola guidano verso il luogo di lavoro. Il Piedibus inoltre porta con sé innumerevoli altri benefici: l’occasione di socializzazione al di fuori della propria classe, avere un maggiore senso di cura del proprio territorio e sviluppare un proprio status di passeggero indipendente di questo veicolo a millepiedi. La struttura del Piedibus ha dato poi il via anche a progetti a due ruote, i Bicibus, dove l’unica differenza è che su questi bus si può “salire” in bici.

Ad oggi, Calenzano può vantare una lunga esperienza con il Piedibus, attivo sin dal 2008 e con tre linee per le scuole elementari: la C per Carraia verso la scuola Concetto Marchesi, la D Donnini che arriva alla scuola primaria Don Milani e la S, da Settimello alla scuola Anna Frank. Un’occasione di spostamento diversa e divertente, che merita di essere promossa al massimo ed essere implementata anche con nuove forme quali il Bicibus, che permetterebbe di ampliare il raggio chilometrico di operatività e coinvolgere anche bambini e ragazzi più grandi, contribuendo inoltre a rendere la bici uno strumento trendy di spostamento.

Anche se in questo contesto vengono citati solo gli strumenti del Piedibus e del Bicibus come vettori per un’educazione alla mobilità sostenibile, questi sono solo alcuni dei modi in cui questa improcrastinabile esigenza educativa può essere declinata, senza contare come questa sia sentita come necessaria - anche se richiederà forme alternative a quelle del Piedibus - non solo per i più piccoli ma anche per i più grandi.

Claudia Corsi

Articolo tratto dal nono numero di Casa per Casa, dedicato ad ambiente, urbanistica e mobilità, disponibile qui