Calenzano è cresciuta in fretta, molti nuovi volti la hanno abitata.

Quando siamo tanti è più difficile "viversi", ma è sempre vitale quel senso di appartenenza, di comunità del piccolo comune, dei vicinati.

Quello dove gli adulti riconoscono i ragazzi come "il figlio di…". Quello dei circoli, delle piazzette dei bar, dei capannelli la domenica, delle gesta dei personaggi paesani raccontate mille volte e romanzate, quello delle battute ironiche e del sagace sarcasmo, quello delle campane a festa e delle campane a morto. Proprio ora che suona la campana a morto per Marella, un figlio del popolo calenzanese. 

Non possiamo perdere questo valore assoluto che disegna il volto dalla nostra comunità. Dobbiamo curarlo e nutrirlo, nei luoghi che lo ospitano, nelle azioni che lo alimentano, questo perché è il miglior antidoto alla vita arida, egoista e litigiosa, un po' brutale e individualista, impaurita, che sta ammorbando il buon vivere della comunità.

È un tema da non sottovalutare per chi si appresta al nuovo governo.

Sandro Useli