La carneficina a Gaza non si ferma. Ormai il bilancio delle vittime civili ha oltrepassato i 10.000 morti di cui quasi la metà bambini. Stanno bombardando di tutto: scuole, ospedali, campi profughi. In un mese sono stati uccisi più bambini che in due anni di guerra in Ucraina. E chi non muore sotto le bombe muore per mancanza di cibo e di acqua, o per mancanza di cure, visto che più della metà degli ospedali sono stati distrutti.

E i nostri mass media naturalmente si guardano bene dal dare l’informazione che meriterebbe questa strage continua: quando a compiere crimini contro l’umanità sono gli amici dell'occidente scatta in automatico il doppio standard, e il rubinetto che genera riprovazione e indignazione nell’opinione pubblica viene regolato di conseguenza.

D'altronde, in un mese di guerra l'esercito israeliano ha ucciso 47 giornalisti, e oscurato completamente le comunicazioni dalla striscia di Gaza.

Una furia inarrestabile che nessun appello alla ragione, al rispetto del diritto alla vita di questa popolazione sembra essere in grado non solo di fermare, ma nemmeno di contenere.

Nessuna pausa, neanche umanitaria, è stata concessa, nessun compromesso neppure sul rilascio degli ostaggi è stato accettato da Israele.

L'efferata strage di civili israeliani e la cattura degli ostaggi condotta dal braccio armato di Hamas il 7 ottobre scorso si sta ripercuotendo sulla vita di milioni di palestinesi e costituisce il pretesto per una ulteriore pulizia etnica ai danni di quel popolo, con la prospettiva sempre più concreta di una occupazione militare anche di quel territorio.

Una azione terroristica che non è stata altro che una tragica e agghiacciante accelerazione nell’escalation di una guerra dimenticata, condotta da decenni con l’occupazione militare della Cisgiordania e di Gerusalemme est, con l’allargamento delle colonie israeliane nei territori occupati, con uccisioni e soprusi quotidiani ai danni dei palestinesi da parte di esercito e coloni, con arresti amministrativi indiscriminati ed ingiustificati anche verso donne e minori.

Tutto ciò nel silenzio e con l’appoggio dell’occidente, che non ha fatto niente per evitare che si arrivasse a questo punto. Anzi, ha tacitamente consentito che lo stato democratico di Israele si trasformasse in un regime di apartheid su base etnica e confessionale, ha colpevolmente cercato di promuovere accordi separati con gli stati arabi lasciando irrisolta e a marcire la questione palestinese, alimentando così la popolarità ed il radicamento delle formazioni più estremiste nel mondo palestinese.

Un contesto così sovraccarico di tensioni che poi è esploso come una pentola a pressione, considerate le condizioni subumane in cui sono costretti a vivere milioni di palestinesi, che hanno visto nella violenza l’unico sbocco possibile.

E l’Italia e l’Europa si sono dimostrati sempre più incapaci di avere una politica autonoma in grado di sostenere una soluzione politica, sempre più subalterni agli interessi geostrategici degli USA.

Il rischio concreto, fortemente sottovalutato, è quello di una escalation che coinvolga anche altri attori nell’area mediorientale, che potrebbe trasformarsi in un conflitto regionale dalle conseguenze inimmaginabili.

La gara intrapresa da Hamas e da Israele a chi uccide di più e a chi compie più stragi efferate, oltre a provocare una crescente carneficina di civili, avrà come naturale conseguenza il proliferare dell’odio e del terrorismo nei prossimi anni e decenni.

Chi ha consentito che si chiudesse ogni possibilità di attuazione degli accordi di Oslo con la soluzione “due popoli due Stati”, con Israele che cessava l’occupazione militare della Cisgiordania e la incessante costruzione di nuove colonie nei territori occupati illegalmente, oggi porta addosso la responsabilità politica e morale di ciò che sta accadendo.

È necessario che la comunità internazionale imponga subito un cessate il fuoco che consenta di portare soccorso alla popolazione civile di Gaza, e che si creino le condizioni per l’intervento di una forza di interposizione che protegga la popolazione. Ma serve anche e soprattutto che si ricreino da subito le condizioni per un negoziato che prima consenta il rilascio degli ostaggi e poi apra la porta finalmente ad una soluzione politica condivisa, basata sul rispetto della dignità di ciascun popolo e che consenta di garantire una sicurezza reciproca e duratura.

Bene ha fatto il PD di Calenzano a promuovere per la sera di lunedì 13 novembre alla Casa del Popolo di Calenzano un’iniziativa sul conflitto in corso e sulle difficili strade per un cessate il fuoco e per la pace.

Non abbiamo votato l’ordine del giorno proposto dalla maggioranza nell’ultimo Consiglio comunale perché troppo schiacciato sulle posizioni filoisraeliane, ma apprezziamo la volontà di creare un momento di confronto fra i cittadini su questo tema che nonostante tutto ci riguarda più da vicino di quanto si possa pensare. E non faremo mancare la nostra partecipazione.